L’antropologia ci insegna che per affrontare territori sconosciuti – o regioni sconosciute dell’essere – è necessario affidarsi a uno spirito-guida, per non smarrirsi nell’infinita varietà degli accadimenti che si susseguono, senza ordine apparente, nella quotidianità. Per questo lo spirito-guida proviene sempre da un luogo della diversità, da un ‘altrove’ o da un altro tempo rispetto al contesto di appartenenza.
Questa funzione di ‘spirito ancestrale’ può essere assolta da diverse immagini simboliche di città, nello stesso tempo storiche e mitiche, come l’Atene di Pericle, la Firenze dell’Umanesimo, la Parigi fin de siècle, che fanno parte del nostro immaginario, come garanti e custodi della nostra memoria non solo storica ma identitaria. Tra di esse spicca l’immagine della città per eccellenza, l’Urbs, che ha la particolarità di essere espressione della coesistenza di due dimensioni opposte che abitano la nostra psiche: continuità e discontinuità, il sogno dell’eternità e l’acuta consapevolezza dell’ineluttabile trascorrere del tempo.
Gli itinerari romani sono in primo luogo itinerari della mente, incessantemente ripercorsi attraverso i secoli, da Carlo Magno a Napoleone, da Piranesi a Kentridge e possono essere assunti come metafora del percorso dell’esistenza, in cui siamo tutti viaggiatori, un po’ eccitati, un po’ esitanti, talvolta rallegrati o consolati e talvolta impauriti, quando, nel corso del viaggio, ciò che abbiamo appena vissuto si allontana inesorabilmente e ciò che ci appare abissalmente lontano può rivelare una improvvisa e misteriosa prossimità.